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La forza della Farina o fattore W

La forza di una farina è una proprietà legata soprattutto al contenuto di proteine, in particolare la gluteina e la gliadina che insieme producono il glutine.

Una farina forte ha una struttura più robusta ed elastica e impedisce all’impasto di rompersi, risultando molto più adatta di una debole in applicazioni che richiedono lievitazioni medio-lunghe (pane, pizza o panettone per esempio).

Non a caso i professionisti della panificazione ricorrono alla cosiddetta farina di forza, fatta di grano tenero tipo “00” e ricchissima di glutine che aggiunta all’impasto aiuta la preparazione di prodotti da forno a lievitazione lenta e naturale.

Inoltre le farine forti sono anche molto più proteiche, hanno una composizione più complessa e vanno consumate con moderazione da chi soffre di intolleranze o sensibilità al glutine.

Scegliere la farina della giusta forza è quindi un dettaglio che può fare la differenza in cucina e nell’alimentazione non tutti i tipi di farine sono uguali né danno lo stesso risultato in cucina. Vediamo allora come distinguere farine forti, medie e deboli e come utilizzarle nella preparazione dei nostri alimenti.

Una delle cause è la cosiddetta forza (W), cioè la capacità della farina di sviluppare glutine durante la fase di impasto, assorbire l’acqua e trattenere anidride carbonica nel periodo di lievitazione.

Le farine che hanno una forza di 90-180 W possono essere utilizzate per preparazioni come la pasta frolla, grissini e cialde di ogni genere. Sono tutte preparazioni che non lievitano e dunque non ha bisogno di sviluppare una maglia per trattenere l’aria. Le farine con una forza pari a 180-240 W sono adatte alla pasticceria e a produrre alcuni tipi di pane. Quando la forza delle farine aumenta, arrivando a un indice di 250-320 W, queste sono indicate per la panificazione: pane, pizza e focacce di ogni genere. L’ultimo step è quello delle farine per grandi lievitati come il babà o il panettone che necessitano di una forza pari a 320-380 W.
Ora che sappiamo che ogni preparazione vuole la sua farina saremo sicuramente più attenti nello sceglierla n base a ciò che vogliamo cucinare.
Ma dove si trova l’indicazione della forza della farina? Qui casca l’asino! Infatti nella stragrande maggioranza delle farine in commercio non è indicato l’indice di forza della farina, ma c’è un modo per scoprirlo. Vi ricordate che la W che indica la forza dipende dalle proteine? Rileggendo le prime righe, noterete che la quantità di proteine nella farina è pari al 8-15%. E’ proprio dalla percentuale di proteine presente nella farina che dipende la sua forza. Per capirci meglio, una farina che ha un 9% di proteine sarà più debole di una che ha una percentuale più alta. Tutto quello che dovete fare è prendere il sacchetto della vostra farina, guardare la tabella nutrizionale e seguire lo schema che vi proponiamo. Naturalmente, questo metodo serve per darvi una mano a scegliere e non indica un valore preciso ma approssimativamente molto affidabile.

Più proteine contiene, più una farina è detta forte e in grado di produrre glutine per una migliore lievitazione. Ma come si distingue una farina forte da una debole? E la farina di forza dalle altre?

Per riconoscere la forza delle farine bisogna controllare il suo indicatore di forza W. Il valore di questo parametro suddivide gli sfarinati in quattro categorie: farine deboli, medie, forti e speciali.

  • Le farine deboli hanno un W inferiore a 170. Assorbono una quantità d’acqua non superiore al 50% del loro peso e hanno una bassa azione lievitante e poca propensione a sviluppare il glutine.
  • Le farine medie hanno un indicatore di forza W compreso tra 180 e 260. Riescono ad assorbire i liquidi fino al 65% del loro peso e hanno un’azione lievitante intermedia.
  • Le farine forti invece hanno un W tra 280 e 350, sono molto proteiche e per questo sviluppano molto glutine. Hanno un’alta azione lievitante e assorbono un volume di acqua fino al 75% del loro peso.

Se il fattore W supera i 350 abbiamo tra le mani una delle farine speciali o farine di forza, ingredienti tecnici per uso professionale che assorbono anche il 90% del loro peso in acqua e servono a rinforzare le altre farine per prodotti da forno a lunga lievitazione.

Di solito il fattore di forza W non è indicato nelle normali confezioni in commercio perché comprensibile solo dagli addetti del settore. Come fare allora a capire la forza della farina anche se non è indicata?

Il primo modo è conoscere quali tipi di farine appartengono a ciascuna categoria:

  • tra gli sfarinati deboli i più diffusi sono la farina di avena, farina di riso, farina di farro, di segale e di miglio
  • nelle farine di forza media troviamo quelle integrali e la farina di frumento di tipo 1 o 2
  • le farine forti sono invece le farine di grano tenero e duro, nonché le raffinate farine 00 e 0
  • infine una delle farine speciali più famose è la farina Manitoba

Il secondo metodo è più accurato e consiste nel controllare la percentuale di proteine contenuta nella farina, da cui deriva anche la sua forza.

Ecco quali sono i valori facilmente reperibile nelle confezioni di farina e la rispettiva categoria:

  • La farina con l’8-9% di proteine avrà una forza che oscilla tra i 90 e i 180 W (BISCOTTI, FROLLA, GRISSINI, PANATURE)
  • La farina con il 10-12% di proteine avrà una forza che oscilla tra i 180 e i 240 W (PASTICCERIA, PASTA, ALCUNI TIPI DI PANE, PASTELLE)
  • La farina con il 13-14% di proteine avrà una forza che oscilla tra i 240 e i 320 W (PANE, PIZZA E FOCACCE)
  • La farina con il 14,5% di proteine avrà una forza che oscilla tra i 320 e i 380 W (GRANDI LIEVITATI, PANETTONE, BABA’).

Non tutte le farine sono indicate per preparare lo stesso tipo di prodotti e una delle ragioni è proprio la diversa forza degli sfarinati. Vediamo allora a quale utilizzo si prestano le varie categorie e come scegliere.

La quantità d’acqua assorbita e il maggiore contenuto di proteine rendono l’impasto con farina forte più resistente e tenace, aumentando la resistenza alla lievitazione.

Per questo le farine deboli vengono utilizzate per impasti a bassa lievitazione e alimenti ricchi di nutrimento (vitamine, fibre e sali minerali): piccola pasticceria, biscotti, frolle, cialde e grissini, ma anche per panature croccanti.

Le farine di forza media si utilizzano per preparare pane francese, pastelle, panini all’olio o alcuni tipi di pizza, prodotti in generale caratterizzata da una buona quantità di nutrimento e mediamente lievitati.

Veniamo alle farine forti. Gli sfarinati più tenaci, elastici e ricchi di glutine vengono utilizzati per la maggior parte dei prodotti da forno, come pane, pizza e focacce, ma anche torte, brioches e pasticceria lievitata naturalmente.

Infine le farine speciali. La farina di forza si utilizza per lo più a livello professionale, per rinforzare le farine più deboli o produrre pani o dolci particolari, come pandoro, panettone e babà.

Storia e origini delle analisi sulle farine

L’evoluzione della molitura del frumento ha conosciuto un impulso importante nel corso del XIX secolo, trainata da importanti innovazioni quali il moderno laminatoio ed il plansichter, come raccontiamo anche nel nostro articolo sulla macinazione a pietra.

Queste invenzioni, abbinate allo sviluppo delle prime industrie alimentari di prodotti da forno, hanno reso necessaria la definizione di tecniche di analisi che consentissero ai mugnai di produrre farine di qualità elevata e costante.

Parallelamente, la scienza dell’epoca era molto interessata allo studio di tecniche di indagine dei materiali e illustri studiosi, come ad esempio Newton, diedero il loro fondamentale contributo sin dal XVII secolo. Circa 200 anni dopo, verso la fine del XIX secolo, altri uomini di scienza, tra i quali Maxwell e Kelvin, si concentrarono nel definire una nuova proprietà dei materiali, la viscoelasticità, che caratterizza il comportamento di materiali aventi proprietà intermedie a quelle dei corpi elastici e dei fluidi, proprio come molti impasti a base di farina di grano tenero.

In questo panorama si innesta il lavoro di Marcel Chopin  che nel 1920, presso i Grands Moulins Vilgrain di Nancy, ideò e brevettò una macchina per analizzare le caratteristiche degli impasti, chiamata estensimetro. Qualche anno più tardi, nel 1927, Chopin scrisse un articolo scientifico sulla correlazione tra l’energia necessaria a deformare un impasto e le sue qualità in panificazione e, nel 1937, brevettò una particolare impastatrice che consentiva di formare ed estrarre un impasto al fine di poterne testare le caratteristiche. Dall’applicazione della nuova impastatrice all’estensimetro nasce l’alveografo di Chopin: da allora il mondo dei molini e della panificazione poté sfruttare dei parametri numerici oggettivi, detti “valori reologici”, come guida per valutare la qualità delle proprie produzioni.

Si dice comunemente che il W rappresenta la forza di una farina, ma per essere precisi questa grandezza fisica non rappresenta una forza, bensì un lavoro, ed il suo stesso nome testimonia questa erronea denominazione poiché è facile immaginare che W sia l’iniziale dell’inglese Work, o del tedesco Werk. Il W, infatti, si misura in Joule x 10^-4, e viene calcolato automaticamente dall’alveografo come abbiamo già precisato.

Quindi, quando affermiamo che una farina ha un W pari a 350 (di solito si omette l’unità di misura), stiamo dicendo che è necessario un lavoro di deformazione pari a 0,035 Joule per gonfiare fino a fare esplodere un dischetto calibrato di un impasto ottenuto con quella data farina. Senza dilungarsi sul senso fisico di questa grandezza, possiamo intuitivamente affermare che una farina caratterizzata da un elevato W sarà in grado di sostenere una maggiore spinta ad opera dei gas che si sviluppano durante la lievitazione, mentre una farina caratterizzata da un basso valore di W tenderà a collassare prima.

W e idratazione della farina

Purtroppo non possiamo stabilire una correlazione tra queste due caratteristiche a causa di un limite intrinseco della misura alveografica con cui si determina il valore del W di una farina. Infatti, nel condurre questa fondamentale analisi di laboratorio, come affermato all’inizio di questo articolo, la quantità d’acqua per l’impasto di prova viene regolata solamente in funzione dell’umidità della farina, senza tenere conto dell’effettivo assorbimento della farina stessa, largamente influenzato dal tenore proteico. Quindi, il W determinato mediante dall’alveografo di Chopin non ci può fornire indicazioni utili a stabilire l’assorbimento di una farina.

W e tempi di lievitazione

Per valutare l’attitudine di una farina a sostenere tempi di lievitazione più o meno lunghi è necessario misurare la consistenza di un impasto al variare del tempo, ma anche questa operazione non può essere svolta dall’alveografo di Chopin. Il valore del W, pertanto, non fornisce indicazioni utili a stabilire i corretti tempi di lievitazione.

Per superare questi limiti, abbiamo la necessità di impiegare anche altri test di laboratorio utili a caratterizzare appieno una farina: ve li descriveremo nei prossimi articoli! In ogni caso, appare chiaro sin d’ora che un moderno molino, il cui obiettivo sia produrre farine professionali di qualità elevata e costante, deve essere dotato di un laboratorio molto completo ed aggiornato, in grado di analizzare con precisione tutti i lotti di produzione.

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